Giuseppe Verdi – La Traviata
UN DI’ FELICE, ETEREA …
Tenore: Tito Schipa – Soprano: Amelita Galli-Curci
(Atto I – Scena III)
Gli invitati al ricevimento di Violetta si danno alle danze. Lei, colta da un malore, è costretta a fermarsi e a sedersi in un angolo. Alfredo la raggiunge e coglie l’occasione per dichiararle il suo amore.
Libretto
ALFREDO
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d’ignoto amor.
Di quell’amor ch’è palpito
Dell’universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
VIOLETTA
Ah, se ciò è ver, fuggitemi . . .
Solo amistade io v’offro:
Amar non so, né soffro
Un così eroico ardore.
Io sono franca, ingenua;
Altra cercar dovete;
Non arduo troverete
Dimenticarmi allor.
ALFREDO
Oh, amore!
Misterioso, altero, etc.
Versione
Riflessioni linguistiche
Eterea: l’aggettivo “etereo” indica ciò che riguarda l’etere, il cielo. Esso può assumere, come in questo caso, il significato traslato di “puro”, “incontaminato”.
Balenaste: passato remoto del verbo “balenare”. Questo verbo ha il significato di “apparire all’improvviso”. Esso deriva probabilmente da “balena”, il cetaceo che gli antichi percepivano nella loro mente come un mostro fantastico che appariva e scompariva all’improvviso.
Vissi: passato remoto del verbo “vivere”.
Fuggitemi: imperativo del verbo “fuggire”. Qui il verbo “fuggire” è costruito in modo transitivo; il pronome personale oggetto “mi”, riferito a Violetta che parla, costituisce il suo oggetto diretto. Alla costruzione transitiva (fuggire qualcosa o qualcuno) si preferisce oggi una costruzione intransitiva con la preposizione “da” (fuggire da qualcosa o da qualcuno). Il verbo “scappare”, che ha lo stesso significato di “fuggire”, è oggi più usato nell’italiano parlato.
Amistade: amicizia. Parola arcaica di uso letterario.
V’: vi. Pronome indiretto seconda persona plurale (a voi). Da notare che in tutta l’aria viene usato il “voi” come forma di cortesia. Tale forma, in uso nell’800 e nella prima metà del ‘900, nell’italiano contemporaneo è stata sostituita dal “lei”.
Commento per gli esperti
Dopo che gli ospiti hanno lasciato la sala per darsi alle danze, la conversazione “in parlante” tra Violetta e Alfredo continua sulla musica del valzer che si sente fuori scena. L’orchestra riprende il suo intervento con l’arioso di Alfredo “Un dì felice eterea”, nel quale il giovane dichiara il suo amore per Violetta. La melodia, sostenuta all’inizio dai leggeri pizzicati degli archi, esprime nel suo carattere intimistico tutto il sapore di una confessione. Essa si apre poi nel magnifico slancio “Di quell’amor, ch’è palpito”, che tornerà in tutta l’opera come il tema dell’amore tra Alfredo e Violetta. Violetta viene colta di sorpresa da una tale dichiarazione e cerca di difendersi dal sentimento che suscita in lei Alfredo portando la conversazione sulla vita futile e superficiale che conduce. “Alfredo ostinatamente prosegue nel suo inno all’amore, “Croce e delizia al cor”, che sarà ricompensato da Violetta con un melisma delicato ed espressivo nella coda. La cadenza comunque, conserva accuratamente il contrasto tra i due personaggi. Alfredo continua imperterrito con le sue semicronie, Violetta con la sua agile coloritura” (Budden).